Santuario San Leopoldo Mandiç, Padova

I cappuccini si stabilirono a Santa Croce fin dal 1554 e nel 1581 costruirono la prima chiesa; questa fu ricostruita nel 1825 ma venne poi abbattuta dal bombardamento aereo del 14 maggio 1944, che lasciò intatta solo la celletta confessionale di san Leopoldo. L’attuale chiesa, dedicata alla Trasfigurazione di Gesù, risale quindi al secondo dopoguerra.

L’interno, a unica navata, ha due cappelle per lato: a sinistra quelle dedicate a san Giuseppe (con una tela di G. B. Pellizzari raffigurante la Presentazione di Maria) e alla Madonna (con la statua di fronte a cui san Leopoldo si raccoglieva ogni giorno in preghiera), a destra quelle di sant’Antonio da Padova e di san Francesco d’Assisi. Sulla destra del coro si trova un dipinto dei primi anni del Seicento rappresentante la Trasfigurazione e attribuito ad Alessandro Maganza; nell’abside è un crocefisso in legno policromo realizzato nel 1951 dallo scultore padovano Luigi Strazzabosco. Nella navata centrale si trovano le tele del Pellizzari: a sinistra la Guarigione del cieco e a destra la Maddalena ai piedi di Gesù.

Entrando nel santuario si possono ripercorrere i luoghi animati per oltre trent’anni dalla presenza di san Leopoldo, che giunse a Padova nel 1909 e vi restò fino alla morte avvenuta il 30 luglio 1942.

Suggestivo è sostare in preghiera nella celletta confessionale dove il Padre trascorreva la maggior parte della sua giornata. Vi si accede attraverso una stretta porta che immette in un ambiente piccolo e semplice, con un arredo essenziale e significativo: la poltroncina su cui sedeva il confessore e l’inginocchiatoio per il penitente, posto proprio sotto il crocifisso.

Di fronte al confessionale è la cappella del Santo, dove si trova il corpo di san Leopoldo, trasferito qui dal cimitero maggiore di Padova il 19 settembre 1963. Accanto alla tomba è esposta la sua mano destra, reliquia carica di significati in quanto era lo strumento con cui il Santo benediceva chi si accostava a lui liberandolo dai peccati. Nel santuario, accanto alla tomba, è custodita una statua della Madonna di Lourdes, dono fatto a san Leopoldo da alcuni devoti.

Accanto alla cappella si aprono una serie di sale dove sono raccolti i segni della devozione a san Leopoldo: gli ex voto offerti per una grazia ricevuta; i volumi su cui i visitatori di questo luogo hanno lasciato la propria testimonianza di fede segnando i loro dolori, le loro speranze, la loro gratitudine; i dipinti che ritraggono il Santo in vari momenti della sua vita e del suo ministero.

Nella terza sala è allestito un piccolo museo dedicato al Santo dove sono raccolti i paramenti sacri usati per celebrare la messa: il messale, il calice, le ampolle, il camice, il corporale. Vicino all’ingresso, infine, sono custoditi altri oggetti da lui adoperati: il tavolo, la sedia, lo scaffale con la Summa Teologica di san Tommaso, il crocifisso, l’inginocchiatoio e la sedia usati per le confessioni.

Voleva essere missionario in Oriente per riavvicinare alla Chiesa cattolica tanti fratelli lontani. E invece spese tutta la sua esistenza nel piccolo confessionale del convento di Padova, il cappuccino di origine dalmata battezzato Adeodato e divenuto poi padre Leopoldo (12 maggio 1866 – 30 luglio 1942). «Mi vogliono qui – scriveva – ma io sono come un uccellino in gabbia: il mio cuore è sempre al di là del mare. Ogni anima che chiederà il mio ministero sarà frattanto il mio Oriente».

Per 33 anni padre Leopoldo divise le sue giornate tra la cella del convento e la stanzetta dove confessava, secondo un ritmo scandito dalla preghiera e dalla celebrazione del sacramento della riconciliazione. Al mattino presto celebrava la messa e poi si chiudeva nel confessionale, dove già una lunga fila di penitenti lo attendeva. Un parco pranzo a mezzogiorno e quindi, dalle tre del pomeriggio fino a sera, ancora in confessionale. Dopo qualche boccone di cena iniziava la preghiera, che si protraeva fino a notte inoltrata.

Con estrema semplicità padre Leopoldo riceveva l’operaio e l’avvocato, il contadino e il medico, il ragazzo e l’anziano e ogni giorno realizzava quel proposito espresso da bambino: «Quando sarò grande voglio farmi frate, diventare confessore e usare tanta misericordia e bontà con le anime dei peccatori». Per tutti era un padre, che aveva affetto, comprensione, tenerezza per il peccatore tanto quanto era inflessibile con il peccato. Confessarsi da lui era fare una nuova esperienza di Dio e diventava anche un modo per ritrovare se stessi, grazie alla straordinaria capacità del cappuccino a scandagliare le anime.

«Quando confesso o do consigli – scriveva – sento tutto il peso del mio ministero e non posso tradire la mia coscienza. Come sacerdote, ministro di Dio, quando ho la stola sulle spalle, non ho paura di nessuno. Prima e soprattutto la verità. Ci ha dato l’esempio Lui a non aver paura di nessuno a dare la vita anche per la verità». E ancora «La misericordia di Dio è superiore a ogni aspettativa. Vedi, ci ha dato l’esempio Lui. Non siamo stati noi a morire per le anime, ma ha sparso Lui il suo sangue divino. Dobbiamo quindi trattare le anime come ci ha insegnato Lui, con il suo esempio. Se il Signore mi rimproverasse di tanta larghezza, potrei dirgli: “Paron Benedeto, questo cattivo esempio me l’avete dato voi, morendo sulla croce per le anime, mosso dalla vostra divina carità”».

Il motivo conduttore della vita e dell’opera di padre Leopoldo è sintetizzato in una frase: «Tutto io devo fare per le anime». Per questo egli ogni giorno si offriva come vittima a Dio per i suoi penitenti e per il male del mondo e da questo sacrificio nascevano i miracoli, come spiega lui stesso: «Quando i santi si trovano dinanzi a qualche infelice che chiede un miracolo, essi si mettono tra lui e Dio e dicono: “Signore, scarica sopra di me la tua ira o la prova di quest’anima: mi offro vittima per lei”. Il Signore prende sempre le cose sul serio e li fa inesorabilmente espiare quanto era destinato a colui che ottiene il miracolo. In questo i santi assomigliano al Redentore divino, che si interpose tra l’eterno suo Padre e l’umanità, espiando in sé i delitti del mondo».

Agli uomini d’oggi padre Leopoldo, divenuto santo il 16 ottobre 1983, parla ancora di disponibilità e di apertura al prossimo ma mostra anche l’infinita bontà e misericordia di Dio, che ha volto di padre, sempre in attesa del figlio lontano e sempre pronto ad accoglierne il ritorno.

Novena a san Leopoldo

O san Leopoldo arricchito dall’eterno divin Padre di tanti tesori di grazia a favore di quanti a te ricorrono, ti preghiamo di ottenerci una viva fede e una ardente carità, per cui ci teniamo sempre uniti a Dio nella sua santa grazia.

Gloria al Padre…

O san Leopoldo, fatto dal divin salvatore strumento perfetto della sua infinita misericordia nel sacramento della penitenza, ti preghiamo di ottenerci la grazia di confessarci spesso e bene, per poter avere sempre l’anima nostra monda da ogni colpa e realizzare in noi la perfezione alla quale Egli ci chiama.

Gloria al Padre…

O san Leopoldo, vaso eletto dei doni dello Spirito Santo, da te abbondantemente trasfusi in tante anime, ti preghiamo di ottenerci di essere liberati da tante pene e afflizioni che ci opprimono o di avere la forza di sopportare tutto con pazienza per acquistarci meriti per il cielo.

Gloria al Padre…

O san Leopoldo, che durante la tua vita mortale nutristi un tenerissimo amore alla Madonna, nostra dolce Madre, e ne fosti ricambiato con tanti favori, ora che sei felice vicino a lei pregala per noi affinché guardi alle nostre miserie e si mostri sempre nostra Madre misericordiosa.

Ave Maria…

O san Leopoldo, che avesti sempre tanta compassione per le umane sofferenze e consolasti tanti afflitti, vieni in nostro aiuto; nella tua bontà non ci abbandonare, ma consola anche noi concedendoci la grazia che domandiamo. Così sia.

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