Madonna del Carmine, Padova
Intorno al 1290, quando i carmelitani arrivarono a Padova, borgo Molino era un quartiere composito, residenza di nobili casate e di attivi borghesi, di artigiani, negozianti, osti e proletari. In quest’area, dove le case in legno erano sparse tra orti e poderi, l’insediamento delle istituzioni religiose anticipò quelle civili e trovò terreno favorevole a un intenso e proficuo apostolato. Già dal 1212, nel luogo in cui oggi è la chiesa, sorgeva un oratorio dedicato alla purificazione di Maria e presentazione di Gesù al tempio. Il 24 ottobre 1300 il vescovo di Padova Ottobono cedette l’oratorio ai frati di santa Maria del Carmine, che attuarono la loro opera con l’istituzione, attorno al 1320-1330, di una Fraglia con propria sede di riunione (la Scoletta) e della scuola teologica e, nel 1309, diedero inizio alla costruzione della chiesa, consacrata il 29 giugno 1446. Nel 1491 l’edificio fu danneggiato da calamità naturali, che ne distrussero il tetto, la sacrestia, il chiostro e la Scoletta. I lavori di ricostruzione, che si conclusero entro il primo ventennio del Cinquecento, restituirono un edificio rinascimentale a navata unica con sei cappelle per lato, tetto a volta e cupola emisferica. Fu così fissata la struttura architettonica della chiesa nelle forme attuali, che non subirono altre modifiche sostanziali nonostante i continui crolli di alcune parti (a causa di un terremoto nel 1696, di un incendio nel 1800, dei bombardamenti nel 1917 e nel 1944) e i conseguenti rifacimenti.
Ininterrotta fu nella basilica l’attività pittorica, per l’affresco delle volte, degli archi, delle pareti delle cappelle, della cupola e la produzione di tele, che videro impegnati i più grandi nomi della pittura del Cinquecento e Seicento. Di Dario Varotari sono le due tele sopra la porta d’ingresso, raffiguranti Papa Onorio IV che conferma la regola dell’ordine carmelitano e l’Annunciazione. Di G. B. Pellizzari sono la maggior parte delle pale degli altari delle dodici cappelle laterali. Partendo da destra si hanno l’altare delle Anime, l’opera più seicentesca della chiesa; l’altare dei Molinari, con paliotto che raffigura la Madonna del Carmine e, ai lati, i molini della città e quelli della campagna; l’altare a santa Teresa, con pala del Pellizzari e statue di Tommaso Bonazza; altare a sant’Alberto, la cui architettura elegante e semplicità decorativa si devono a Bartolomeo Cavazza mentre la sobrietà, compostezza e serenità nei volti delle statue sono opera di Agostino Zoppo; altare a santa Libera, che conserva una reliquia proveniente dal cimitero di san Saturnino nella via Salaria; altare a san Giacomo, che racchiude la pala raffigurante Cristo e la madre di san Giacomo e san Giovanni opera di Alessandro Varotari detto il Padovanino.
Nel presbiterio, dominato dalla grande cupola quattrocentesca, si trova l’organo meccanico settecentesco; i parapetti delle cantorie sono decorati da tele raffiguranti i momenti più significativi della vicenda della “Madonna dei lumini”, opera di Giovan Battista Bissoni e Dario Varotari. Sull’altare maggiore si trova la Madonna dei lumini, affresco di Stefano dall’Arzere qui trasferito da corte Capitaniato in voto per la liberazione dalla peste del 1576. Il crocifisso è opera del Brustolon, mentre la statua di san Giovanni Battista dietro il fonte battesimale è di Luigi Strazzabosco. Sul lato sinistro della chiesa sfilano poi, nell’ordine, le seguenti cappelle: del Sacro Cuore, con altare di Giovanni Gloria; della Madonna del Carmine, il cui ritratto, finemente modellato, potrebbe essere opera di Andrea Brustolon; della Croce, con altare cinquecentesco di Bartolomeo dei Dindini e sculture di Antonio de’ Sordi; di santa Maddalena de’ Pazzi; di sant’Antonio; della Madonna vecchia, con pala di san Valentino che risana un bimbo, opera di un pittore della scuola del Padovanino.
Nella Scoletta del Carmine, a cui si accede dal sagrato della chiesa, è conservato un ciclo di affreschi cinquecenteschi eseguiti da Girolamo dal Santo, Domenico Campagnola, Giulio Campagnola e Stefano dall’Arzere.
Un volto dai lineamenti delicati, incorniciato dall’aureola dorata, una giovane donna nell’atteggiamento di offrire il Figlio a coloro che a lei si rivolgono per ottenere intercessione. Un gesto semplice, un atto d’amore, una risposta alla fede di chi chiede con cuore puro, un amore di madre che nei secoli ha risposto alle preghiere dei suoi figli concedendo grazie e attirando sempre più la devozione. Fin dal Cinquecento, dalla sua prima collocazione nella lunetta di un sottoportico dietro il palazzo del Capitano e poi nella chiesa del Carmine, questa Madonna affrescata da Stefano dall’Arzere ha saputo parlare al cuore dei padovani, sciogliere timori, ridare speranza agli animi afflitti e ha protetto la città durante la terribile pestilenza del 1576.
Trovandosi dunque colà [all’Arcella] con i frati, la mano del Signore si aggravò su di lui, e crescendo il male con molta violenza suscitava forte ansietà. Dopo breve riposo, fatta la confessione e ricevuta l’assoluzione, egli cominciò a cantare l’inno della Vergine gloriosa: «O Gloriosa Domina, sublimis inter sidera…». Com’ebbe finito, levando d’improvviso gli occhi al cielo, con sguardo estasiato mirava a lungo dinanzi a sé. Chiestogli dal fratello che lo sorreggeva che cosa vedesse, rispose: «Vedo il mio Signore». I frati presenti, sentendo che si avvicinava il suo felice passaggio, decisero di amministrare al santo l’unzione degli infermi. Allorché il fratello che recava, come d’uso, l’olio santo gli si fu accostato, il beato Antonio guardandolo disse: «Non è necessario, fratello, che tu mi faccia questo, ho infatti già questa unzione dentro di me… Tuttavia, è cosa buona per me, e la gradisco molto». Si sostenne ancora per qualche tempo, quindi la Sua Anima Santa venne assorbita nell’abisso della Luce che non tramonta.
Racconto del Transito dalla prima biografia di sant’Antonio - Assidua - Rigaldina (cap. 17)
Sotto la tua protezione
cerchiamo rifugio,
Santa Madre di Dio;
non disprezzare le suppliche
di noi che siamo nella prova,
e liberaci da ogni pericolo,
o Vergine gloriosa e benedetta.
O Maria, splendore del Carmelo,
prega per noi.
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