Santa Maria delle Carceri, Carceri
Ai tempi del suo massimo splendore era detta “la Montecassino del nord” per la ricchezza di storia, di arte, di vitalità, di cultura e di fervore religioso oltre che per le ingenti strutture architettoniche. Poi vennero i tempi bui e l’abbazia si sbriciolò, letteralmente, in tutto il paese. Negli ultimi 150 anni, infatti, la gente di Carceri ha costruito le proprie case usando i materiali, le pietre e i mattoni, di quella parte dell’abbazia che andava in rovina. Ancora oggi, però, questi ambienti sanno conquistare il visitatore con la vastità degli spazi, lo splendore degli affreschi e con il fascino che pervade ogni angolo.
Il complesso affonda le sue radici nel medioevo, ai tempi in cui il duca di Baviera Enrico il Nero donò alcuni terreni, detti “Le Carcere” a una comunità di monaci portuensi agostiniani (1107), i quali già un secolo prima si erano stabiliti in quelle terre, bonificandole. I religiosi edificarono su una struttura preesistente una chiesetta più ampia, che fu consacrata nel 1189, e costruirono un chiostro. Passata l’ondata di calamità del medioevo, fatta di scorrerie di barbari, rotte di fiumi, carestia e peste, nel 1407 papa Gregorio XII trasferì chiesa e monastero ai monaci camaldolesi, che li ressero fino al 1690. Furono i tre secoli d’oro dell’abbazia, che fu ampliata e si arricchì di una preziosa biblioteca, divenendo centro di cultura per tutta la regione e polo propulsore per l’attività di bonifica delle campagne circostanti.
Soppressa alla fine del Seicento, l’abbazia fu venduta alla famiglia Carminati, commercianti bergamaschi residenti a Venezia, e trasformata in fattoria agricola, con conseguenti modifiche edilizie. Partiti i monaci, la chiesa venne affidata al clero della diocesi di Padova che dal 1951 è tornata in possesso anche del resto del complesso.
Vari secoli di storia e di strutture architettoniche si sono stratificati nel complesso dell’abbazia di Carceri. L’ingresso, un arco sovrastato da una loggetta decorata con merli a coda di rondine, risale al 1450 mentre la foresteria, costruita in parte nel Trecento e in parte nel Seicento, è lo spazio dal punto di vista architettonico più imponente e più bello di tutta l’abbazia.
Anche nella chiesa, la terza costruita in ordine di tempo, si conservano tracce delle diverse epoche, armonizzate in un interno che colpisce per la sobrietà dello stile, la luminosità, l’ampiezza degli spazi, la semplicità dei colori. Della prima chiesa, edificata dagli agostiniani nel Duecento, rimane il battistero, risalente al 1000 e affrescato nel Quattrocento con scene raffiguranti l’annunciazione, la crocifissione, la resurrezione e la pentecoste; probabilmente, dopo il XV secolo, il locale venne usato per i battesimi degli adulti, che si immergevano in acqua per simboleggiare la morte e risurrezione di Cristo. Della seconda chiesa (1300-1500) rimangono il presbiterio, che ai lati dell’altare custodisce due lunette affrescate presumibilmente da Jacopo da Montagnana (1450), e il coro, dove si trova una tela dell’Annunciazione dipinta da Luca da Reggio (1550). Della terza chiesa, ricostruita alla metà del Seicento dopo che un incendio aveva distrutto parte dell’edificio precedente, è la grande navata di gusto barocco.
All’opera dei padri agostiniani si deve anche il chiostrino duecentesco, di cui rimane solo un lato a ridosso della villa Carminati, caratterizzato da una doppia fila di colonnine in marmo rosso di Verona. Del Cinquecento è invece l’altro grande chiostro, dove si trova, al piano superiore, la sala degli affreschi (ex biblioteca), opera del pittore veneziano Salviati. Lungo le pareti, in un gioco di prospettiva e di illusione ottica, si susseguono le grandi figure bibliche e simboliche fra cui la scena dell’Annunciazione, il profeta Isaia, sant’Agostino, san Gregorio Magno, il re David, l’Abbondanza.
Infine, al piano superiore del chiostro si trovano un piccolo museo con oggetti legati all’abbazia, una mostra di opere del pittore Nino Mezzaro sul tema “Il volto del Signore” e un’esposizione di oggetti della civiltà contadina.
Il battesimo è la porta d’ingresso nella Chiesa e la liturgia battesimale è ricca di segni che sottolineano il passaggio alla nuova vita di veri figli di Dio: il segno della croce, come gesto di accoglienza; la purificazione con l’acqua, per lavare il peccato, riscattare ed esaltare il valore della vita; l’unzione con il sacro crisma, come atto di consacrazione, distintivo che individua il nuovo battezzato come cristiano; la veste bianca come simbolo di una purezza da conservare senza macchia; infine la candela, segno della luce, invito a tenere accesa la fiamma della fede.
Indirizzo: via Camaldoli 4, 35049 Santa Caterina d’Este (PD)
Telefono: 0429619777 - 3291758529
E-mail: parrocchiacarceri@diocesipadova.it
accoglienza.abbaziacarceri@gmail.com