Chiesa degli Eremitani, Padova

L’edificio originario è datato 1276, ma fu completato agli inizi del Trecento con la copertura lignea del soffitto, opera di fra Giovanni degli Eremitani. Un impianto strutturale piuttosto semplice e severo, di pianta rettangolare appena movimentata dalle cappelle laterali e dalle tre absidi in cui si chiude l’unica navata. È il linguaggio tipico delle chiese del Due e Trecento costruite dagli ordini mendicanti per accogliere, nelle chiare e spaziose forme dell’architettura gotica, la grande affluenza dei fedeli chiamati dalla predicazione e dal gusto della preghiera in comune, alla ricerca di modelli di religiosità diversi da quelli tradizionali.

Oggi la chiesa degli Eremitani è uno scrigno d’arte, arricchitosi lungo i secoli di affreschi eseguiti dai più famosi artisti del Tre e Quattrocento: Guariento, Giusto de’ Menabuoi, Altichiero, Andrea Mantegna. Luminosa ed essenziale, nel traffico della città è uno spazio di fede che invita al raccoglimento e ritempra lo spirito.

Nella chiesa sono conservate preziose espressioni artistiche. Nella cappella Cortellieri, la prima sulla destra, rimangono tracce di affreschi di Giusto de’ Menabuoi databili al 1370 e che rivelano la predilezione del pittore per le complesse tematiche filosofiche e teologiche. Sono i simboli delle arti e delle scienze, figure femminili maestose e solenni, accarezzate da un chiaroscuro sfumato e morbido e caratterizzate da un colore dolcissimo trasparente e cangiante, che avvolge le vesti come in una ragnatela di luce. Nella seconda cappella, sull’arco trionfale, si trova una raffigurazione di Sante del Guariento (seconda metà del XIV secolo). Sull’altare della quarta cappella è la Madonna in trono col bambino dell’Altichiero (seconda metà del XIV secolo); nel sottarco rimane una bellissima testa di Cristo, unico lacerto della Flagellazione del Guariento.

Nella parete absidale, da sinistra, la cappella Sanguinacci conserva una Madonna con bambino affrescata da Giusto de’ Menabuoi. Il presbiterio, un tempo completamente ricoperto dagli affreschi del Guariento eseguiti tra il 1367 e il 1369, mostra oggi quanto si è salvato dal bombardamento dell’11 marzo 1944; ciò che resta delle Storie di san Filippo, sant’Agostino e san Giacomo minore rivela una notevole consapevolezza prospettica, un’attenzione rivolta alla descrizione minuziosa e puntuale dei particolari e un deciso realismo, espresso nelle scene vivaci e nelle robuste figure plastiche e asciutte. Il crocifisso dell’abside è stato dipinto nel 1367 da Nicoletto Semitecolo.

Infine, nella cappella Ovetari rimangono alcune parti del vasto ciclo di affreschi eseguiti da Andrea Mantegna alla metà del Quattrocento: il Martirio di san Cristoforo (a sinistra), il Trasporto del corpo di san Cristoforo (a destra) e l’Assunta (nella conca dell’abside). Colpisce in queste opere l’umanità personalizzata dei volti e la prospettiva dell’insieme, caratterizzata da quel “classicismo archeologico” che portò il Mantegna a operare secondo le regole dell’illusionismo prospettico.

Sul lato sinistro della chiesa si trova il monumento funebre di Marco Mantua Benavides, eseguito da Bartolomeo Ammannati, e al termine delle due pareti laterali le arche di Ubertino e Jacopo da Carrara, opere di Andriolo de Santi .

La chiamano la chiesa dei “pendolari”. (…) Piazza Eremitani è un passaggio obbligato per molti che vengono dalla periferia e la chiesa, con l’abside esposta al primo sole, invita a entrare. (…) Molti preferiscono sostare davanti al grande Crocifisso del Guariento: il Cristo sembra muoversi sulla tavola d’oro quando dai finestroni il sole irrompe a valanga. (…) In fatto di devozione, però, agli Eremitani, le preghiere dei “pendolari” vanno alla Madonna del Giovannino. (…) La gente la chiama così perché la Vergine è raffigurata seduta con al fianco il Bambino Gesù e il piccolo Giovanni Battista. La composizione in terracotta è armoniosa e viva. I “pendolari” hanno l’impressione che, pur preoccupata dei due ragazzi che ha attaccati alle vesti, la Madonna sia lì ad aspettarli ed entrano nella cappella in punta di piedi, quasi per paura di disturbare il gruppo delizioso. Non c’è ora del giorno in cui non ci siano persone ferme a pregare; i più anziani siedono sui vecchi scranni in penombra, e stanno lì per intere ore. Alla sera la corriera li riporterà in paese, forse in una casa sperduta della bassa padovana, ma nel cuore hanno tanta festa dopo le quattro chiacchiere con la Madonna.

Mons. Alfredo Contran

Condividi su: