Sant’Antonio di Padova all’Arcella, Padova

Secondo un’antica tradizione, il convento francescano dell’Arcella sarebbe stato fondato intorno al 1220 dallo stesso san Francesco d’Assisi, sbarcato a Venezia di ritorno dall’oriente e di passaggio per Padova. “Santa Maria de’ Cella” fu il primo titolo del cenobio francescano di Padova, che comprendeva due nuclei: il monastero delle povere dame o clarisse e il convento dei frati minori. Qui entrarono a far parte della famiglia francescana Elena degli Enselmini e Luca Belludi, entrambi beatificati dalla Chiesa. All’Arcella giunse anche sant’Antonio nella sua prima visita a Padova, nel 1227, e qui probabilmente stese i suoi Sermones. E ancora all’Arcella il Santo giunse, moribondo, la sera del 13 giugno 1231, steso su un carro agricolo trainato da buoi proveniente da Camposampiero.

L’Arcella, anche se dovette cedere al convento di Santa Maria Mater Domini (nucleo primitivo dell’attuale basilica del Santo) il corpo del Taumaturgo, rimase sempre uno dei luoghi antoniani più venerati. Subito dopo la morte del Santo, sul luogo dal “transito” dovette essere eretto un sacello, realizzato nella ricostruzione del monastero promossa dal Comune di Padova alla metà del Duecento. Il luogo ebbe varie vicissitudini: fu incendiato, assediato, divenne quartier generale dell’esercito imperiale, lazzaretto per gli appestati e, infine, non sfuggì al piccone dei veneziani quando fecero terra bruciata intorno alle nuove mura, a cui il monastero era troppo vicino. Dopo la distruzione, i padovani prontamente ricostruirono il sacello che un secolo dopo, tra il 1670 e il ‘75 venne compreso in un piccolo santuario. Nel 1842 venne portata a termine la ricostruzione della chiesa in stile neoclassico; un ulteriore ingrandimento si ebbe tra il 1886 e il 1895, con la costruzione della grande navata, in stile neogotico.

Oggi la “cella del transito”, gelosamente custodita sfidando i secoli e le ripetute distruzioni, si affaccia sull’area presbiterale, riportando sul timpano della facciata le ultime parole del Santo morente: “Video Dominum meum”; sotto l’altare è collocata la statua che raffigura il Santo appena spirato, opera eseguita nel 1808 da Rinaldo Rinaldi, allievo di Antonio Canova. Nel santuario trovano inoltre collocazione il corpo della beata Elena Enselmini, discepola di sant’Antonio (nella terza cappella sul lato sinistro) e una parte delle ceneri e delle reliquie del beato Luca Belludi, compagno degli ultimi anni di vita del Santo (nella prima cappella sul lato destro).

Trovandosi dunque colà [all’Arcella] con i frati, la mano del Signore si aggravò su di lui, e crescendo il male con molta violenza suscitava forte ansietà. Dopo breve riposo, fatta la confessione e ricevuta l’assoluzione, egli cominciò a cantare l’inno della Vergine gloriosa: «O Gloriosa Domina, sublimis inter sidera…». Com’ebbe finito, levando d’improvviso gli occhi al cielo, con sguardo estasiato mirava a lungo dinanzi a sé. Chiestogli dal fratello che lo sorreggeva che cosa vedesse, rispose: «Vedo il mio Signore». I frati presenti, sentendo che si avvicinava il suo felice passaggio, decisero di amministrare al santo l’unzione degli infermi. Allorché il fratello che recava, come d’uso, l’olio santo gli si fu accostato, il beato Antonio guardandolo disse: «Non è necessario, fratello, che tu mi faccia questo, ho infatti già questa unzione dentro di me… Tuttavia, è cosa buona per me, e la gradisco molto». Si sostenne ancora per qualche tempo, quindi la Sua Anima Santa venne assorbita nell’abisso della Luce che non tramonta.

Racconto del Transito dalla prima biografia di sant’Antonio - Assidua - Rigaldina (cap. 17)

O Dio, Padre di bontà e datore di ogni bene, ti ringraziamo per averci donato il tuo servo Antonio. Egli fu testimone fedele della tua presenza e della tua misericordia fino all’ultimo istante della sua ammirabile vita che qui si concluse, all’Arcella.

(...) Con fedeltà alla sua vocazione francescana ha saputo essere, in questa città, padre dei poveri e dei malati, difensore dei deboli, liberatore dei prigionieri, denunciatore di ogni tipo di usura ed egoismo, portatore di pace familiare e sociale.

(...) Converti, o Padre, i nostri cuori affinché, illuminati dall’esempio del nostro Santo, per sua intercessione possiamo anche noi divenire strumenti della tua pace e promotori della dignità umana. Aiutaci a collaborare con te nella creazione di una società più giusta e più fraterna, capace di accogliere il Regno di Dio predicato da tuo figlio Gesù e testimoniato dal nostro Santo durante la sua vita terrena. Te lo chiediamo per Cristo tuo Figlio e nostro Signore. Amen.

Condividi su: