Santa Maria delle Grazie, Este
Riprende il modello orientale della “Odighitria” (che significa “colei che indica la via”) l’icona della Madonna venerata in questa basilica. Dipinta da un maestro di scuola cretese negli anni successivi alla caduta di Costantinopoli sotto il dominio dei turchi (1453), sull’altare estense la tavola fu intronizzata il 2 febbraio 1479. In questo giorno il vescovo di Scutari Francesco Xanti consacrava la prima chiesa intitolata a Santa Maria delle Grazie. L’edificio, iniziato nel 1468 e consegnato ai domenicani, era stato costruito in esecuzione della volontà testamentaria del marchese Taddeo d’Este.
Nel 1716 i domenicani decisero di costruire una chiesa più ampia e il 7 agosto 1717 ci fu la posa della prima pietra; nel 1729 l’icona mariana fu collocata nel nuovo edificio, che fu terminato nel 1736.
Momenti importanti si ebbero nel 1631, quando papa Urbano VII concesse ai sette altari della chiesa delle Grazie le stesse indulgenze dei sette altari di San Pietro a Roma; il 23 gennaio 1924 Pio IX elevò il santuario a basilica; il 17 maggio dell’anno giubilare 1925, infine, l’immagine della Madonna fu incoronata.
La facciata è nuda; la mole alta e austera si apre all’interno in una grande aula ricca e maestosa, illuminata dall’abbondante luce che filtra dalle vetrate colorate. Ai lati si aprono le cappelle, con gli altari di una ricca e armoniosa architettura barocca. Sul lato destro, nella cappella della Pietà si ammira un affresco tardoquattrocentesco raffigurante la Vergine che tiene in grembo il corpo esanime di Cristo; una pregevole pala di Antonio Zanchi si trova nella cappella di sant’Antonio, mentre in quella di san Sebastiano spicca il dipinto di Alberto Calvetti, raffigurante il santo; infine, l’imponente altare del Rosario, con la statua lignea della Madonna che tiene sulle ginocchia il bambino. Sul lato sinistro della chiesa si segnala per eleganza l’altare di san Vincenzo Ferreri con le sue svelte linee architettoniche settecentesche.
L’area presbiterale e l’ambulacro costituiscono il centro spirituale della basilica. L’icona della Vergine delle Grazie è racchiusa in una fastosa composizione barocca eseguita tra il 1692 e il 1696. L’altare maggiore invece è opera recente; eretto per un voto fatto alla Vergine durante la guerra e consacrato nel 1950, fu disegnato da A. Riccoboni. Sopra la mensa è l’Annunciazione in bronzo di Ulderico Conti e sui lati rilievi di Aurelio Mistruzzi. Infine, le 15 sculture che ornano le nicchie della navata sono opere di Pietro Zandomeneghi e di Valentino Besarel, realizzate tra il 1856 e il 1870.
Ha occhi profondi questa Madonna venuta dall’oriente. Il profilo del volto della madre, lo sguardo, la mano che indica il figlio, e l’atteggiamento di Gesù bambino che ha sul volto l’espressione matura di chi è eterna sapienza e tiene il rotolo delle Scritture, conferiscono un fascino del tutto particolare a questa immagine. Un’opera d’arte dell’età d’oro bizantina, dipinta da un maestro di scuola cretese che ha saputo fissare sulla tavola simboli e colori della fede che oggi come ieri sanno parlare al cuore degli uomini.
Come un tempo lontano, secondo la tradizione, la Vergine delle Grazie salvò dal mare in tempesta e da sicuro naufragio i marinai che, mentre portavano la tavoletta verso l’Italia, ne avevano fatto il piano d’appoggio per le carte da gioco e i bicchieri, così anche oggi resta un invito a tenere lo sguardo volto in alto in tutti i grandi e piccoli naufragi in cui ogni vita incorre.
† Mons. Martino Gomiero - vescovo di Adria e Rovigo
Trovandosi dunque colà [all’Arcella] con i frati, la mano del Signore si aggravò su di lui, e crescendo il male con molta violenza suscitava forte ansietà. Dopo breve riposo, fatta la confessione e ricevuta l’assoluzione, egli cominciò a cantare l’inno della Vergine gloriosa: «O Gloriosa Domina, sublimis inter sidera…». Com’ebbe finito, levando d’improvviso gli occhi al cielo, con sguardo estasiato mirava a lungo dinanzi a sé. Chiestogli dal fratello che lo sorreggeva che cosa vedesse, rispose: «Vedo il mio Signore». I frati presenti, sentendo che si avvicinava il suo felice passaggio, decisero di amministrare al santo l’unzione degli infermi. Allorché il fratello che recava, come d’uso, l’olio santo gli si fu accostato, il beato Antonio guardandolo disse: «Non è necessario, fratello, che tu mi faccia questo, ho infatti già questa unzione dentro di me… Tuttavia, è cosa buona per me, e la gradisco molto». Si sostenne ancora per qualche tempo, quindi la Sua Anima Santa venne assorbita nell’abisso della Luce che non tramonta.
Racconto del Transito dalla prima biografia di sant’Antonio - Assidua - Rigaldina (cap. 17)
Bisognosi quanto mai
di particolare aiuto a te ricorriamo
con immensa fiducia, o Vergine delle Grazie.
Conoscendo i continui favori che tu,
Madre tenerissima e potente, dispensi ogni giorno
ai tuoi devoti, abbiamo sempre riposto in te
tutta la nostra confidenza, tutte le nostre speranze.
Ciò più che mai facciamo ora, bisognosi come siamo del tuo aiuto e delle tue grazie.
Conosciamo, o cara Madre, che per i nostri peccati
e la nostra cattiva corrispondenza, non meritiamo nulla,
ma pentiti ci prostriamo ai tuoi piedi,
e a te ci raccomandiamo
con tutto il fervore dell’anima nostra.
Ti promettiamo di vivere sempre da buoni cristiani,
di frequentare i santi sacramenti,
di amare sempre più Dio e te per tutta la vita.
Speriamo, quindi, tutto da te,
lo speriamo dal tuo materno cuore.
Amen.
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