Beata Vergine del Pedancino, Cismon del Grappa
«Si avanza questo Cismone verso la villa, che da lui prende il nome; ma un mezzo miglio prima di giungervi, abbatté dalla parte meridionale una chiesa intitolata la Madona di Pedancin posta sopra d’una eminenza, che per due secoli era stata ben guardata dal riparo d’un forte muro, il quale in sì fatta circostanza cedé alla straordinaria violenza del torrente, onde l’acque alle pareti della chiesa giungendo, e a forza entrandovi, misero a guasto le suppellettili e i vasi sacri, e dando in urto alla nicchia, ove stava la statua di Maria, questa nei loro vortici ingoiarono, minacciando di lasciare dappertutto la desolazione».
Così un cronista dell’epoca racconta la devastante piena del fiume Cismon che il 18 agosto 1748 si abbatté sulla zona e ridusse il primo oratorio, dove la Madonna avrebbe trovato casa da prima del Mille, a un vecchio rudere pericolante.
La prima notizia scritta della chiesa, in effetti, si ha nel 1488, in occasione della visita pastorale a Cismon del vescovo Pietro Barozzi che, in relazione al culto, parla di “antica tradizione”. E la tradizione racconta che la sacra immagine sia stata trovata su un biancospino da un pastorello sordomuto ai piedi del monte Incino (da cui deriva il nome), sulla sponda del fiume Cismon. Si tratterebbe di un’immagine miracolosamente sfuggita alla furia iconoclasta di alcuni imperatori d’Oriente, che verso la fine del 700 fecero distruggere le immagini sacre perché ritenute motivo di idolatria.
Salvata dalla furia degli uomini in Oriente, a Cismon la statua della Madonna scampò alla furia della natura. Prosegue infatti il racconto del cronista «Quivi travagliando alcuni uomini del Cismone in levare, e separare questi legni, scopersero una testa di statua, la qual fuori traendo, riconobbero esser quella la immagine tanto da essi venerata, e compianta della Madonna di Pedancin. Ella non era punto sdruscita, né guasta nei suoi bei colori: aveva il Bambino al seno, l’anello di diamante al dito, al collo il ricco filo di perle, il manto indosso, non lacero e tocco, nonostante il lungo viaggio e fortunoso di ventidue miglia, per lo qual tratto fu rovinosamente portata dall’onde del nostro fiume. Le mancava in testa la corona d’argento; e però ritornando essi al luogo, ove seguita era cotale scoperta, in poca distanza ravvisarono la corona stessa, il messale guernito di laste d’argento, e perfino la tabella dell’indulgenza, sopra di cui stava distesa la solita pergamena manoscritta, senza essere guasta in alcuna parte, e tutte intere le parole leggevansi, come se in acqua stata non fosse». La “brentana” aveva trascinato la statua una trentina di chilometri a valle e il ritorno della Madonna a Cismon fu una trionfale processione attraverso Tezze sul Brenta, Cartigliano, Bassano, Pove, Solagna, San Nazario, Carpanè. Poiché l’oratorio era inagibile, fu collocata provvisoriamente nella sacrestia e poi nella ricostruita chiesa parrocchiale. Nel 1760 fu intronizzata nella cappella costruita appositamente nel corpo della parrocchiale e il 12 marzo 1924 la Madonna del Pedancino venne solennemente incoronata.
È una Madonna compagna di viaggio, Nostra Signora del Pedancino, spesso portata festosamente in processione dalle genti della valle e spesso in cammino per accompagnare i suoi devoti, vicina nei momenti difficili e anche materialmente in movimento con loro.
Dopo il primo corteo che sul finire dell’estate del 1748 riportò a Cismon la cara immagine, trascinata a valle dall’alluvione, nel 1814 si inaugurò la tradizione delle Feste Decennali. Si tratta di processioni che accompagnano la Madonna al luogo dell’antica dimora (dove sorgeva il primo oratorio e in tempi più recenti è stato ricostruito un tempietto) per celebrare una messa pontificale.
Durante la prima guerra mondiale, al tempo della rotta di Caporetto, la Signora del Pedancino fu profuga con i cismonesi a Giarre, in Sicilia, che la vollero caricare con sé sul treno per non separarsi dalla loro protettrice. La sua immagine, infine, è entrata in ogni valigia dell’emigrante che alla fine del secolo scorso partì per il Brasile: appesa dapprima alle pareti delle povere baracche, fu poi onorata entro semplici cappelle in legno e quindi in vere e proprie chiese costruite di mattoni.
O Madre benedetta Maria
che ai devoti figli sempre nel corso dei secoli foste larga dei tesori di vostra bontà e protezione materna,
a voi ricorriamo e con fede ardente e profonda umiltà ci mettiamo sotto il vostro manto di misericordia.
Tenete lontano dalle nostre famiglie l’errore, il vizio, le discordie;
proteggeteci nelle malattie, difendeteci dai pericoli,
esaudite le nostre preghiere che vi innalziamo per i peccatori,
per gli afflitti, per gli ammalati, per i moribondi, per gli emigranti e per tutti i devoti che a voi ricorrono.
Su tutti, o Maria, presenti e assenti, vicini e lontani,
volgete sempre il vostro sguardo di bontà e di misericordia.
A Gesù e a voi consacriamo tutta la nostra vita.
Voi fate che un giorno veniamo lassù a cantare le vostre lodi per l’eternità dei secoli.
Amen.
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