Beata Vergine del Caravaggio, San Vito di Valdobbiadene
Apparve con le lacrime agli occhi “di una lucentezza simile al brillare dell’oro”, avvolta in un manto color rosso porpora e un velo bianco che le scendeva dal capo. Era il 26 maggio 1432 e la Madonna si manifestò a Caravaggio, in terra lombarda, a una contadina di nome Giannetta. «Ho un messaggio da farti trasmettere – le disse – l’altissimo figlio mio onnipotente è già stanco degli umani peccati. Per sette anni ho pregato e implorato misericordia. Vai, di’ alla gente che digiuni a pane e acqua e mi onori a ogni vigilia del settimo giorno». Perché il popolo credesse, la Madonna lasciò un segno: dove aveva posato i piedi sgorgò una sorgente, nelle cui acque la tradizione narra che molti ammalati trovarono guarigione. Il racconto di Giannetta si propagò in un baleno e il 31 luglio 1432 a Caravaggio (BG) fu posta la prima pietra del santuario. Anche la devozione alla Madonna di Caravaggio si diffuse rapidamente e si moltiplicarono i centri di culto a essa dedicati, per l’apostolato svolto dai pellegrini che tornavano entusiasti dalla visita al luogo dell’apparizione.
In occasione del Giubileo del 1825, il papa estese la possibilità di ottenere l’indulgenza per tutto l’anno successivo fissando, tra le varie pratiche richieste, la visita a quattro chiese. San Vito di Valdobbiadene, oltre alla parrocchiale, aveva già due oratori campestri e desiderava avere una quarta chiesa che consentisse ai fedeli di lucrare il perdono giubilare entro i confini della parrocchia. Fu scelto il luogo ai piedi del colle di san Giorgio, dove sorgeva un capitello detto “la Madoneta” e dove, scavando, si scoprirono le fondamenta di una costruzione più antica. Tale fatto accese l’entusiasmo e la fede della gente, tanto che il nuovo oratorio fu eretto in un mese, dal 24 aprile al 26 maggio 1826. Per l’intitolazione non ci furono dubbi: la tradizione vuole che una parrocchiana, per divina ispirazione, abbia detto che andava dedicato alla Vergine Madre di Caravaggio; e così si fece.
Nei tre anni successivi la piccola chiesa venne ampliata, trasformandosi in un tempio di gusto neoclassico di lontana eredità palladiana. Nel 1828 vi fu collocata la pala raffigurante la Vergine, eseguita dal pittore Vincenzo Caretta. Dopo la distruzione subita durante la prima guerra mondiale, la chiesa fu sottoposta a una lunga opera di ricostruzione, che si protrasse fino al 1926.
Fu sempre vivo l’entusiasmo acceso dalla Madonna di Caravaggio. A San Vito il popolo faceva a gara nell’offrire il proprio lavoro nella costruzione del santuario e numerosissime erano le largizioni di ogni genere. La Vergine compensò i suoi fedeli concedendo, durante i lavori, la salvezza prodigiosa di diverse persone, come riportano le cronache del tempo. Un muratore precipitò da un’antenna su un cespuglio spinoso e rimase del tutto illeso; si spezzò il perno di ferro di una macchina che trasportava materiali e gli operai manovratori vennero scaraventati contro i muri senza riportare alcun danno; una rampa, venuti a mancare i sostegni, si piegò fino quasi a spezzarsi sotto il peso di dieci persone, ma riuscì a resistere. Molti sono stati anche gli ammalati che hanno trovato guarigione, in particolare chi soffriva di ossessioni diaboliche o malattie nervose e mentali. Sono questi e molti altri piccoli e grandi segni che, nel tempo, hanno ricoperto le pareti del santuario di ex voto, testimonianza della devozione di tanti fedeli alla Madonna.
O cara Vergine di Caravaggio
come un povero pellegrino mi prostro dinanzi a te,
nascondo per dolore il viso e piango: ricevi le mie preghiere e lacrime.
Ave Maria…
Nostra Signora di Caravaggio, prega per noi.
O cara Vergine di Caravaggio,
l’anima mia è desolata, si trova nel bisogno e nello spavento.
Aiuta, sorreggi e consola chi ti ama e prega.
Ave Maria…
Nostra Signora di Caravaggio, prega per noi.
O cara Vergine di Caravaggio,
nel mio cuore nasce la speranza che tu mi esaudirai davvero.
Aspetto dunque la grazia; sono tuo figlio, ti amerò per sempre.
Ave Maria…
Nostra Signora di Caravaggio, prega per noi.
Salve Regina…
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