Basilica di Sant’Antonio, Padova
È nota in tutto il mondo come “il Santo” di Padova, la basilica che prende il nome da Antonio, frate portoghese giunto in città nel 1228 e stabilitosi nella chiesetta di Santa Maria Mater Domini in contrada Rutena. Da qui spesso Antonio si allontanò per svolgere la sua opera di evangelizzazione predicando in città e villaggi dell’Italia settentrionale. E proprio a Santa Maria era diretto la sera del 13 giugno 1231, quando la morte lo colse alle porte della città. Dall’Arcella la salma del frate fu trasferita qui, dove venne tumulata in un’arca marmorea. Subito la devozione intorno alla sua figura crebbe e molti furono i miracoli attribuiti alla sua intercessione, tanto che il 30 maggio 1232 fu canonizzato. Nello stesso anno i frati iniziarono la costruzione di un tempio a lui dedicato, che fu compiuto nella parte principale sul finire del Duecento e dal 1263 custodisce il corpo di sant’Antonio.
La costruzione, di origine medievale, si presenta oggi come un’armonica composizione di elementi che rispecchiano momenti e stili diversi: nel maestoso edificio dalle strutture massicce e imponenti di stampo romanico si aprono infatti una parte absidale slanciata e nove cappelle a raggiera in puro stile gotico.
Opera rinascimentale, realizzata nel corso del Cinquecento, è la cappella del Santo, sulla sinistra della chiesa. Questo monumento grandioso, dalla facciata a cinque archi e riccamente decorato, fu disegnato probabilmente da Tullio Lombardo, realizzato da Andrea Briosco e ultimato da Gianmaria Falconetto. Lungo le pareti, nove rilievi marmorei raccontano momenti della vita e miracoli di sant’Antonio: da sinistra la vestizione del Santo, il geloso che pugnala la moglie; tre scene in cui sant’Antonio resuscita, rispettivamente, un giovane, una giovane e un bambino annegato; quindi altri miracoli: quello del cuore dell’usuraio, del piede reciso e riattaccato, del bicchiere scagliato in terra e rimasto intatto, del neonato che attesta l’onestà della madre. Al centro della cappella sorge l’altare, opera di Tiziano Aspetti, dove sono custodite le spoglie del Santo.
A destra di questa, si trova la cappella della Madonna Mora, che è la parte superstite dell’antica chiesetta francescana di Santa Maria Mater Domini. Qui sant’Antonio celebrava la messa, predicava, ascoltava le confessioni, si raccoglieva in preghiera; qui fu sepolto nel 1231 e le sue spoglie vi rimasero fino al 1263. Nella cappella è venerata una statua della Vergine in pietra policroma eseguita nel 1396 dallo scultore Rinaldino di Francia.
Segue la cappella del beato Luca Belludi, discepolo e compagno di Antonio e continuatore, dopo la morte del Santo, dell’opera di apostolato da lui iniziata. Gli affreschi, eseguiti intorno al 1382, sono opera di Giusto de’ Menabuoi e raffigurano fatti della vita dei santi Filippo e Giacomo e di Luca Belludi.
Inizia poi la serie delle cappelle radiali, che sporgono dall’abside a forma di raggiera e culminano nella cappella del Tesoro, dove nel 1745 vennero trasferite le reliquie di sant’Antonio. Straordinaria la conservazione dell’apparato vocale, trovato integro nella ricognizione della salma fatta nel 1981 e ideale completamento della scoperta della lingua incorrotta, rimossa dall’arca nel 1263. È un segno che sottolinea la caratteristica di questo uomo di Dio: il suo essere predicatore instancabile del Vangelo. Le tre nicchie conservano ex-voto, oggetti liturgici e sacri, reliquiari contenenti, oltre alla lingua e agli organi della fonazione, anche il mento, un frammento di cute e capelli del Santo. Nella cappella sono esposte anche la tonaca e le prime due casse in cui fu posta la salma.
Proseguendo lungo l’ambulacro, sfilano la cappella di san Giacomo, uno dei capolavori del Trecento italiano sia per l’architettura, opera di Andriolo de Santi, sia per il ciclo di affreschi eseguiti da Altichiero da Verona, fra cui spicca la Crocifissione sulla parete di fondo; e la cappella del Santissimo Sacramento, costruita in stile gotico alla metà del Quattrocento e riccamente decorata negli anni Trenta del nostro secolo da Ludovico Pogliaghi, che profuse marmi, bronzi e opere d’arte per glorificare il mistero dell’Eucaristia.
Infine, il presbiterio, dominato dai capolavori di Donatello. Al centro dell’altare è il Crocifisso e, sotto, è raffigurata la Madonna in atto di alzarsi dal trono e presentare il Bambino all’adorazione dei fedeli. Ai lati sei statue raffiguranti (da sinistra) i santi Francesco, Giustina, Lodovico d’Angiò, Antonio, Daniele e Prosdocimo. Altri bronzi rappresentano miracoli di sant’Antonio, i simboli degli evangelisti, angeli musicanti; al centro un Cristo morto fra due angioletti; infine, la Deposizione di Gesù nel sepolcro eseguita in pietra di Nanto.
La decorazione pittorica delle pareti e delle volte del presbiterio e dell’abside è opera dell’artista bolognese Achille Casanova, che dal 1902 vi lavorò per un quarantennio. Merita particolare attenzione un affresco eseguito nel 1326 da un maestro giottesco sotto l’arco di sinistra del cancello che immette al presbiterio: è considerato il ritratto più verosimile del Santo.
Nei chiostri attigui alla basilica è possibile visitare il Museo antoniano e la mostra delle Opere antoniane e della devozione popolare al Santo.
Fu una predicazione saldamente ancorata al testo biblico quella di sant’Antonio. Una vasta cultura, una salda preparazione teologica e una ricca esperienza contemplativa costituivano un terreno fertile da cui attingere per parlare a tutti: ai potenti per mediare nelle lotte tra fazioni cittadine e per mitigare i severi ordinamenti del suo tempo a favore dei più deboli; ai miscredenti per metterli in guardia contro gli eretici; ma soprattutto Antonio parlava agli umili e ai poveri, più disponibili ad accogliere il vangelo.
Scrive infatti nei Sermoni per la seconda domenica di Avvento: «Oggi sono i poveri, i semplici, gli illetterati, i popolani, le vecchiette che hanno sete della parola di vita, dell’acqua della sapienza salvifica. (…) Cristo è la verità. In Cristo ci fu la povertà, l’umiltà e l’obbedienza. Chi si scandalizza di queste cose si scandalizza di Cristo. I veri poveri non si scandalizzano, perché solo essi vengono evangelizzati, vengono cioè nutriti con la parola del Vangelo, perché essi sono il popolo del Signore e le pecore del suo pascolo.
(…) Come Cristo ha accolto i ciechi per illuminarli, gli zoppi per farli camminare, i lebbrosi per mondarli, i sordi per restituire loro l’udito, i morti per risuscitarli e i poveri per evangelizzarli, così noi dobbiamo accoglierci vicendevolmente. Se il tuo prossimo è cieco per la superbia, per quanto sta in te procura di illuminare i suoi occhi con l’esempio della tua umiltà; se è zoppo per l’ipocrisia, raddrizzalo con l’azione della verità; se è lebbroso per la lussuria, purificalo con la parola e l’esempio della castità; se è sordo per l’avarizia, proponigli l’esempio della povertà del Signore; se è morto per la golosità e per l’ubriachezza, risuscitalo con l’esempio e con la virtù dell’astinenza; ed evangelizza i poveri annunziando loro la vita di Cristo».
Si quaeris miracula, antica preghiera liturgica a sant’Antonio.
Se cerchi i miracoli
ecco messi in fuga la morte,
l’errore, le disgrazie e il demonio;
ecco gli ammalati divenir sani.
Il mare si calma, le catene si spezzano,
i giovani e i vecchi chiedono e ritrovano
la salute e le cose smarrite.
S’allontanano i pericoli e scompaiono le difficoltà:
lo attestino coloro che l’han sperimentato;
lo dicano gli abitanti di Padova.
Il mare si calma, le catene si spezzano…
Gloria al Padre la Figlio e allo Spirito Santo.
Come era nel principio e ora e sempre
nei secoli dei secoli. Amen.
Il mare si calma, le catene si spezzano…
Contatti
Indirizzo: Piazza del Santo, 11, 35123 Padova PD
Telefono: 049 822 5652
E-mail: infobasilica@santantonio.org