Basilica Cattedrale, Padova
Il duomo di Padova è una costruzione a tre navate; sulle due laterali si aprono le cappelle e su quella centrale gravitano due grandi cupole. Iniziando dalla navata sinistra si ha la cappella della Madonna dei ciechi, con la bellissima tavola raffigurante una Madonna col Bambino del XV secolo; segue la cappella di san Girolamo, con la pala seicentesca di Pietro Damini; si ha quindi l’altare di san Gregorio Barbarigo, opera eseguita da Giorgio Massari nel 1762, in cui è esposto il corpo del santo che fu vescovo di Padova dal 1664 al 1697; sulla parete di fondo della cappella si trova la pala di Pietro Damini raffigurante la Crocifissione e, in alto a destra, è affissa la lapide sepolcrale del vescovo Tricidio, che risale all’800 ed è la più antica testimonianza rimasta della prima Cattedrale di Padova. Proseguendo, nella cappella di san Giuseppe si trova la pala di Giannantonio Pellegrini raffigurante la Madonna e i santi Giuseppe e Cesario. Nel transetto sinistro è la cappella del Santissimo, con altare barocco costruito da Giovanni Gloria e Giorgio Massari e ornato di due grandi angeli marmorei eseguiti da Jacopo Gabano, quello di sinistra, e Tommaso Bonazza, quello di destra. Si giunge quindi alla sacrestia dei canonici, che ospita una ricca pinacoteca. In un locale al piano superiore è custodito il Tesoro della Cattedrale.
Nel presbiterio in primo piano si osservano le sculture, realizzate in marmi policromi, raffiguranti i santi patroni della città, posti in atteggiamento di dialogo tra l’altare e l’assemblea dei fedeli: sulla sinistra san Prosdocimo e santa Giustina, a rappresentare il primo millennio di storia della chiesa padovana, e sulla destra san Gregorio Barbarigo e sant’Antonio, che hanno segnato il secondo millennio. Sulla sinistra, in posizione intermedia, si trova l’ambone, figura realizzata in marmo con il volto e le mani in bronzo dorato, ad accentuare e diffondere la luminosità che emana dall’intero complesso delle opere scultoree. Ma a catturare lo sguardo è il centro del presbiterio, dove quattro angeli musicanti reggono la mensa eucaristica con un raffinato gioco di pieni e di vuoti esaltato dalla candida levigatezza delle superfici in marmo bianco di Carrara. Sullo sfondo, al centro, è posta la cattedra vescovile, in corrispondenza della quale si colloca il crocifisso, interpretazione contemporanea di un Cristo liturgico, che sintetizza in sè la passione e la pasqua; l’opera, realizzata in leghe speciali, ha una luminosità capace di orientare l’osservatore, fin dall’ingresso in Cattedrale, verso l’altare delle celebrazioni.
Di fianco al presbiterio si può scendere nella cripta, dove si trovano l’urna di san Daniele, che conserva il corpo del martire padovano del IV secolo, e la cappella della Santa Croce, luogo di sepoltura dei vescovi padovani. Passando nel transetto destro, nella cappella della Madonna dei miracoli si conserva, sopra l’altare barocco, la Madonna con Bambino, copia del XVII secolo dall’originale trecentesco dipinto da Giotto e appartenuto a Francesco Petrarca. Proseguendo verso destra sfilano le cappelle di san Lorenzo Giustiniani, con pala raffigurante la Madonna con Bambino e santi attribuita al Padovanino, di san Lorenzo martire e di san Pio X.
La Cattedrale rappresenta il cuore e l’espressione più viva della realtà spirituale e visibile di una Chiesa locale. È perciò il luogo che è, in grado sommo, simbolo e sintesi. Qui diventa autorevole e operante la presenza del vescovo, qui confluisce e si riconosce la tradizione, qui conviene e parte missionaria la comunità cristiana.
La Chiesa-madre è un tempio vivo, in continuo dialogo con le realtà particolari della diocesi; è il cuore pulsante della vita spirituale delle comunità che le gravitano attorno e il punto d’incontro della loro storia di fede.
È nella forza di questo legame e ben radicata nei fondamenti della fede, della speranza e della carità, che la Chiesa di Padova inizia il cammino nel terzo millennio.
Il battistero, a fianco della cattedrale, è splendido esempio di arte romanico-lombarda, risalente al XII secolo. Nella seconda metà del Trecento l’edificio divenne cappella funeraria di Francesco il Vecchio da Carrara e della moglie Fina Buzzaccarini e solo con la venuta della Serenissima le tombe furono demolite e l’edificio restituito all’originaria funzione battesimale.
Splendidi gli affreschi interni, eseguiti tra il 1375 e il 1378 da Giusto de’ Menabuoi. Il ciclo pittorico comprende quattro parti fondamentali il cui tema è la storia della salvezza, illustrato a iniziare dalla parte architettonicamente più alta, l’abside, con la raffigurazione del Paradiso, per terminare nella parte orientale con l’Apocalisse. Nella cupola, al centro, è dipinto il Cristo Pantocratore, sotto di lui è la Madonna ed entrambi sono circondati dalle gerarchie angeliche e da 108 santi che costituiscono un “sanctilogium patavinum”. Nel tamburo sono affrescate alcune scene dell’Antico testamento, mentre sulle pareti si svolgono le storie del Nuovo testamento. Nella parete sud sono raffigurate le scene di san Giovanni Battista; fra queste, una si svolge davanti alla Cattedrale romanica di Padova alla presenza della famiglia da Carrara e di Francesco Petrarca. Nella parete ovest sono le storie di Maria e in quella nord le storie di Cristo. Nell’abside, infine, è rappresentata l’Apocalisse.